Barovia è il paese principale del casato Igorov di Boldavia. Deve il suo nome al defunto principe Barov Igorov. Il paese è stato fondato nel 831 DI cambiando nome all'antico villaggio di Ivlis. Su di esso domina l'antico castello del casato Igorov costruito sopra ad una rupe scoscesa. Barovia non è mai stata fortificata, ne ha ospitato una grande milizia, segno che nelle terre degli Igorov regna da tempo la pace o l'illusione della stessa.
Il 12 di nuvmont 1014 DI, quattro avventurieri entrarono a Barovia.
Non c'erano guardie, non c'era gente per la strada, solo qualche individuo dal comportamento catatonico.
In un vicolo Veridian vide un mendicante. L'uomo era senza gambe, amputate poco sopra al ginocchio, e stava seduto su di una tavola con delle ruote di legno. Il mendicante emanava un cattivo odore, aveva alcune ferite sul volto e dei vestiti che assomigliavano ad una vecchia armatura di cuoio. Non c'era tanto con la testa. La tiefling per farlo parlare gli mise nel bicchiere 4 sovrane, salvo poi riprendersele prima di andarsene. Alcuni vivono nella miseria, altri ne hanno l'anima contaminata.
Cronache ludiche di Dungeons and Dragons. Narrazione delle gesta eroiche di un gruppo di avventurieri nel Vestland a Mystara con la nuova quarta edizione del Gioco di Ruolo più famoso al mondo. Il master "Elam il mago" raccoglie in questo blog, luoghi, avversari, personaggi, regole, avventure e materiale utili per creare le vostre avventure a Mystara.
giovedì 6 ottobre 2016
martedì 4 ottobre 2016
L'orribile fine di Baltazar
12 di Nuvmont 1014
Le ricerche di Baltazar non davano nessun esito. Sembrava che il paladino con accento alphatiano fosse svanito nel nulla. Nonostante la preoccupazione per la sua scomparsa, la stanchezza ebbe il sopravvento. All'alba mancavano poche ore, conveniva stringere i denti e sperare.
Le ricerche di Baltazar non davano nessun esito. Sembrava che il paladino con accento alphatiano fosse svanito nel nulla. Nonostante la preoccupazione per la sua scomparsa, la stanchezza ebbe il sopravvento. All'alba mancavano poche ore, conveniva stringere i denti e sperare.
Arrivò l'alba ma non il sole, il cielo era coperto come la speranza di trovare il compagno. Sopra ad una rupe troneggiava alto il castello di Ravenloft, casa del principe Morphail. La strada verso Barovia puntava dritta ai suoi piedi, perdendosi tra la foschia mattutina.
I 4 avventurieri si fecero coraggio e s'incamminarono nuovamente. I lupi erano scomparsi assieme al paladino. La strada dopo il bosco attraversò alcuni campi acquitrinosi. Il panorama era desolante e la vegetazione giallo marcio. Alle porte della cittadina, la macabra scoperta.
Incatenato ad un ampio pannello di legno con su scritto "Barovia, Alexander Gl ntr - Ba ov Igo ov - 831" c'era il corpo del paladino. Le gambe erano state amputate all'altezza del ginocchio, le braccia all'altezza del gomito. Gli occhi erano stati estratti, così pure i denti. Infilato nella camicia aperta c'era una pergamena con un terrificante messaggio: "Non c'è felicità, non c'è futuro e non c'è la morte, benvenuti in Boldavia, A farvi soffrire, marcire, disperarvi e impazzire contribuiranno i miei servi. Ci rivedremo presto".
domenica 2 ottobre 2016
L'ombra del vampiro
Da un pò era passata la mezzanotte e i 5 compagni di viaggio, dopo un attimo di esitazione, entrarono nella nebbia.
Guidava il gruppo Grog un mezz'orco dall'aria spavalda e truce, in mano teneva una torcia, ma in mezzo a quella nebbia innaturale non vedeva poco oltre il proprio naso.
Era seguito da Baltazar, un uomo dal viso gentile non del posto. Dietro a lui stava la Tiefling Veridian, ma forse Baltazar avrebbe preferito averla davanti. Poi un mezz'elfo che si faceva chiamare Paul. Infine una donna umana con l'accento dell'Ethengar che si faceva chiamare Helena.
A parte Baltazar ed Helena che viaggiavano corazzati, tutti gli altri erano abbastanza leggeri.
Tutti tenevano in mano una fonte luminosa, nonostante ciò Helena faceva fatica a distinguere il capofila.
Undici di sera li aveva avvertiti, non fermatevi, la nebbia prosciuga le vostre energie.
Tutto corrispondeva, quella nebbia, era pesante, si respirava a fatica, si avanzava a rilento e tutto appariva spettrale e morto. In silenzio, seguendo la strada, gli avventurieri affrontarono quel tunnel di paure e insicurezze emergendo dopo tre ore a piedi, stanchi come se avessero camminato tutto il giorno. Non si fermarono quando Grog cadde dentro ad una fossa con delle ossa sul fondo, non si fermarono quando trovarono un carro con cavallo e conducente morto, non si fermarono quando videro penzolare da un ramo, un bimbo impiccato.
Alla fine ce l'aveva fatta, erano emersi dalla nebbia e si fermarono un attimo a riposare. In cielo non c'era la luna, solo nuvole e buio pesto.
Guidava il gruppo Grog un mezz'orco dall'aria spavalda e truce, in mano teneva una torcia, ma in mezzo a quella nebbia innaturale non vedeva poco oltre il proprio naso.
Era seguito da Baltazar, un uomo dal viso gentile non del posto. Dietro a lui stava la Tiefling Veridian, ma forse Baltazar avrebbe preferito averla davanti. Poi un mezz'elfo che si faceva chiamare Paul. Infine una donna umana con l'accento dell'Ethengar che si faceva chiamare Helena.
A parte Baltazar ed Helena che viaggiavano corazzati, tutti gli altri erano abbastanza leggeri.
Tutti tenevano in mano una fonte luminosa, nonostante ciò Helena faceva fatica a distinguere il capofila.
Undici di sera li aveva avvertiti, non fermatevi, la nebbia prosciuga le vostre energie.
Tutto corrispondeva, quella nebbia, era pesante, si respirava a fatica, si avanzava a rilento e tutto appariva spettrale e morto. In silenzio, seguendo la strada, gli avventurieri affrontarono quel tunnel di paure e insicurezze emergendo dopo tre ore a piedi, stanchi come se avessero camminato tutto il giorno. Non si fermarono quando Grog cadde dentro ad una fossa con delle ossa sul fondo, non si fermarono quando trovarono un carro con cavallo e conducente morto, non si fermarono quando videro penzolare da un ramo, un bimbo impiccato.
Alla fine ce l'aveva fatta, erano emersi dalla nebbia e si fermarono un attimo a riposare. In cielo non c'era la luna, solo nuvole e buio pesto.
sabato 1 ottobre 2016
L'11 di nuvmont 1014
L'11 di NUVMONT 1014 presso il ghiacciato torrente Indre si radunarono un gruppo di avventurieri. In quei boschi non si vedevano altri viandanti ne chi li aveva convocati. Il clima era freddo e sotto agli alberi resisteva un pò di neve.
Uno di loro, stanco di aspettare se ne andò, gli altri si accamparono, sperando che la lettera ricevuta non fosse uno scherzo. Certamente non lo erano quei 5 ducati ricevuti assieme ad essa.
Verso le 11 di sera, uno di loro notò un fuoco di un accampamento li vicino. Si alzarono in fretta e si diressero in quella direzione.
L'accampamento distava 10 metri dal torrente. Un piccolo gruppo di arbusti copriva il rumore scrosciante dell'acqua. Nell'accampamento vi era un carro, due ronzini e una capra. Un grosso falò illuminava l'area mentre su di uno più piccolo si stava cucinando un cinghiale. Attorno al fuoco vi erano già 3 uomini, uno dei quali dal volto noto.
Il servitore che vi aveva recapitato la lettera e consegnato i 5 ducati, stava girando il cinghiale. Era vestito come un zingaro e non sembrava temere il freddo della notte. Un uomo magro e brizzolato sulla 50ina vestito in modo sgargiante gli dava una mano, mentre vicino a lui stava ed un ometto grasso vestito con una tunica rossa con due guance rosse e due baffetti a mandarino avvolto in una calda pelliccia.
In piedi ma lontano dal fuoco c'era una donna vestita da viaggio con una cetra in mano, mentre vicino al carro stava un uomo robusto guardingo vestito di pelli.
- - - -
L'uomo vicino al falò vestito in modo sgargiante, batté le mani ed esclamò:
“Suvvia, avvicinatevi. Mi presento sono Undici di sera e sono lo scrittore della lettera che avete ricevuto. Vedo che di 10 invitati siete arrivati solo voi, a me piace la puntualità direi quindi di iniziare.
Come promesso ho per voi 25 ducati a testa se ascolterete la mia storia e la mia proposta. Al termine della storia potete prendere il denaro ed andarvene oppure... beh ne parlerò con chi rimarrà.”
Il servitore porse a tutti i presenti un bicchiere di vino e una ciotola con della carne di cinghiale.
La donna con la cetra osservò con sospetto il piatto ed il boccale, mentre l'ometto grasso mosse un po' le mani con arte sopra al suo bicchiere. L'unico che non cenava era l'uomo robusto vicino al carro, che appariva teso e concentrato su ogni particolare di quello strano convivio.
Uno di loro, stanco di aspettare se ne andò, gli altri si accamparono, sperando che la lettera ricevuta non fosse uno scherzo. Certamente non lo erano quei 5 ducati ricevuti assieme ad essa.
Verso le 11 di sera, uno di loro notò un fuoco di un accampamento li vicino. Si alzarono in fretta e si diressero in quella direzione.
L'accampamento distava 10 metri dal torrente. Un piccolo gruppo di arbusti copriva il rumore scrosciante dell'acqua. Nell'accampamento vi era un carro, due ronzini e una capra. Un grosso falò illuminava l'area mentre su di uno più piccolo si stava cucinando un cinghiale. Attorno al fuoco vi erano già 3 uomini, uno dei quali dal volto noto.
Il servitore che vi aveva recapitato la lettera e consegnato i 5 ducati, stava girando il cinghiale. Era vestito come un zingaro e non sembrava temere il freddo della notte. Un uomo magro e brizzolato sulla 50ina vestito in modo sgargiante gli dava una mano, mentre vicino a lui stava ed un ometto grasso vestito con una tunica rossa con due guance rosse e due baffetti a mandarino avvolto in una calda pelliccia.
In piedi ma lontano dal fuoco c'era una donna vestita da viaggio con una cetra in mano, mentre vicino al carro stava un uomo robusto guardingo vestito di pelli.
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L'uomo vicino al falò vestito in modo sgargiante, batté le mani ed esclamò:
“Suvvia, avvicinatevi. Mi presento sono Undici di sera e sono lo scrittore della lettera che avete ricevuto. Vedo che di 10 invitati siete arrivati solo voi, a me piace la puntualità direi quindi di iniziare.
Come promesso ho per voi 25 ducati a testa se ascolterete la mia storia e la mia proposta. Al termine della storia potete prendere il denaro ed andarvene oppure... beh ne parlerò con chi rimarrà.”
Il servitore porse a tutti i presenti un bicchiere di vino e una ciotola con della carne di cinghiale.
La donna con la cetra osservò con sospetto il piatto ed il boccale, mentre l'ometto grasso mosse un po' le mani con arte sopra al suo bicchiere. L'unico che non cenava era l'uomo robusto vicino al carro, che appariva teso e concentrato su ogni particolare di quello strano convivio.
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